La città: sostenibilità, benessere, ambiente

Le grandi sfide che connotano il tempo presente, sul piano globale, e alla dimensione internazionale ed europea, trovano il loro punto di caduta, in termini di opportunità, ma anche e soprattutto nell’emergere di contraddizioni e problematicità, a livello dei territori e alla scala delle città, dove si generano, insieme a innovazioni e cambiamenti importanti, non pochi fenomeni di disagio, spaesamento, tensioni, marginalità.

Tra le criticità con cui i governi territoriali e locali, in Europa e in Italia, si stanno confrontando, e sono chiamati a misurarsi ora e per il futuro, c’è in primo luogo l’affermarsi di una polarizzazione, in tutte le sue manifestazioni, che accentua le gerarchie e acuisce la forbice degli squilibri, costituendo con ciò un rischio importante per la tenuta delle società nei diversi contesti. Poi, tra gli altri problemi urgenti, correlati e accresciuti dall’accentuata polarizzazione di cui sopra, figurano le disuguaglianze sociali ed economiche, che indeboliscono la coesione sociale; una propensione alla radicalizzazione, che porta all’estremismo violento ovvero a forme di intolleranza, chiusure, egoismi; i flussi migratori, che richiedono risposte molto più adeguate, in termini di integrazione sociale e di servizi essenziali, quali l’alloggio e l’istruzione; nonché l’invecchiamento della popolazione.

Cambiamenti profondi che spesso sono entrati in corto circuito soprattutto con concezioni e vocazioni proprie delle diverse comunità e dei vari territori. In proposito, è bene ricordare che il 70% della popolazione europea vive in città, di cui un 20% in conurbazioni di più di 250.000 abitanti, un altro 20% in città da 50.000 a 250.000 abitanti, mentre un 40% in città da 10.000 a 50.000 abitanti: dunque un assetto che confligge con le tendenze alla gerarchizzazione e polarizzazione (e conseguenti effetti di marginalità, specie nelle zone periferiche delle aree urbane, o dei territori extraurbani) richiamate in precedenza.

Ci si può chiedere, retrospettivamente, se la cultura di sinistra, che pure vanta grandi esperienze nei governi territoriali e di importanti città, non abbia avuto carenze nell’elaborare una propria analisi (assecondando o subendo logiche di semplificazione nella ricerca di “governabilità” dei processi e scelte) e soprattutto sviluppare approcci più capaci di interpretare la complessità attraverso la partecipazione, per la costruzione del consenso, tramite azioni di inclusione e promozione dei diritti e valori di cittadinanza.

Se queste considerazioni hanno un qualche fondamento, meriterebbe allora focalizzare una riflessione su alcuni aspetti che possano contribuire a ridare smalto, in un’ottica di sinistra, a una visione d’insieme e condivisa sul ruolo delle città, come motori di innovazione sociale, palestre di civismo, partecipazione, senso di comunità, e co-attori per l’affermazione di più condizioni di benessere e sostenibilità ambientale.

Temi non tanto generali e teorici, perché il dibattito sull’autonomia sta tornando attuale (entro quale orizzonte, però?), mentre avanzano anche (inquietanti) proposte di modifiche istituzionali e costituzionali.

Si potrebbe rilanciare, a premessa, il tema dell’autonomia fiscale. Non come egoismo dei territori, bensì in quanto cardine di una rimodulazione delle norme fiscali in chiave di esercizio di responsabilità ed equità.

Inoltre, promuovere una visione che, valorizzando i principi di leale cooperazione istituzionale per il bene comune delle rispettive comunità, sappia dare concretezza a politiche e azioni che, anche attraverso un adattamento dei meccanismi e relazioni di governance, punti a garantire una democrazia “decidente” sì,  ma perché in grado di rispondere in termini emancipativi e democratici a quei bisogni di sicurezza e di protezione sociale dei ceti più deboli, cui sta rispondendo, in termini regressivi, il populismo di destra.

Infine, dando vita ad una rete diffusa di relazioni ed interlocuzioni, con molteplici espressioni della società civile, culturale, sociale, oltre che politica, della nostra comunità modenese, e in ambito provinciale e regionale, per costruire condivisione, e raccogliere energie, attorno alla acquisizione, o recupero, di una ampia e solida consapevolezza del “bene comune” rappresentato dal capitale sociale accumulatosi nell’arco del tempo, dalla Liberazione ad oggi,  perchè la  sua “preservazione, tutela e amministrazione” non è affare “di altri”, né da dare scontata, ma chiede un impegno, di partecipazione e responsabilità, a ciascuno di noi.